Nonostante i sintomi dell'incipiente malattia, che affrontò con stoica pazienza, gli ultimi tre anni della vita di Fenoglio furono tra i più fervidi e prolifici che egli poté sperimentare, sia nella sfera umana sia in quella letteraria: si sposò e divenne padre di una bellissima bimba; compose per Einaudi una perfetta raccolta di racconti, uniti da quella che definì la loro natura «parentale», e di cui arrivò a correggere le bozze di stampa (la pubblicazione venne bloccata all'ultimo momento dall'intervento dell'editore Garzanti, in virtù di una clausola contrattuale dallo stesso Fenoglio inavvertitamente sottoscritta); lavorò, sempre su invito di Einaudi, a una serie di racconti fantastici, e tornò a dedicarsi con una nuova consapevolezza al genere teatrale; collaborò con due registi a due diversi progetti di sceneggiatura cinematografica (dal primo, come si è visto nella sezione dedicata a Milton, elaborò il suo capolavoro indiscusso, pubblicato postumo insieme ad altri dodici racconti; il secondo, a cui lavorò con il regista Gianfranco Bettetini, venne interrotto dalla morte); ricevette alcuni pubblici riconoscimenti: nel settembre del 1960 il Premio Prato per Primavera di bellezza («Le pagine sullo sbandamento dell'esercito vanno poste tra le più alte che fino ad ora abbia prodotto la nostra letteratura di guerra» si legge nel comunicato della giuria presieduta da Arturo Carlo Jemolo), e nell'agosto del 1962, la sua ultima estate, il Premio Alpi Apuane per il racconto Ma il mio amore è Paco. Trascorse i mesi di settembre e ottobre a Bossolasco, in un ultimo ponderato abbraccio alle sue amate colline. Ma continuò a progettare nuovi cicli narrativi, a comporre racconti brevi (il personaggio di Nick, e soprattutto quello di Charlie, nato dalla sua esperienza di degente in una clinica di Bra, sono gli ultimi alter ego), a tradurre in modo compulsivo. Avuto dal fratello Walter un nuovo volume con le poesie di Browning, come si è visto nella precedente sezione, si affrettò a tradurre Il Pifferaio di Hamelin. Traduceva scrivendo di getto nell'inseparabile quaderno, senza ausilio di vocabolario, mentre la sua calligrafia si allungava per la fretta come un elettrocardiogramma irregolare, fino a fermarsi bruscamente a metà della quattordicesima e penultima strofa.
Per la fortuna della sua opera, la fine fu un vero inizio. Passati detrattori si unirono ai fedeli o nuovi estimatori nel celebrarne il valore, e nello stesso 1963 il suo primo libro postumo vinse il Premio Puccini-Senigallia. Il poeta Elio Filippo Accrocca, che tre anni prima aveva raccolto una tanto rara quanto preziosa confessione in prima persona dello scrittore (Ritratti su misura di scrittori italiani, 1960), nella sua qualità di presidente della giuria ebbe a scrivere:
«Nel premiare Un giorno di fuoco la giuria ha inteso, oltre che segnalare il valore dell'ultima testimonianza offerta dal Fenoglio nel troppo breve giro dei suoi dieci anni di lavoro, ricordarne ed elogiarne anche le precedenti prove, poiché tutte si ricompongono nel racconto, antico e moderno, reale e simbolico, duro e affettuoso, distaccato e intimo, di un'esistenza a continuo repentaglio della morte. Possa il nostro modesto premio giovare alla memoria del Fenoglio quel più stabile riconoscimento di merito verso il quale fu rivolto ogni suo sforzo e desiderio. Non capita troppo spesso di poter premiare in un morto un autore più vivo di molti viventi».
A cura di Luca Bufano
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The end and the beginning. First recognitions, the last days, the endless tale / Name: Charlie
Notwithstanding the symptoms of an incipient illness, which he faced with stoic patience, the last three years of Fenoglio’s life were among the most intense and prolific that he could have experienced both from a human as well as from a literary point of view: he married and became the father of a beautiful baby girl; for Einaudi he wrote an exemplary collection of short stories, joined together by what he called their “kinship” nature, and succeeded in correcting the final proofs (its publication was held up by the publisher Garzanti due to a contractual clause inadvertently signed by Fenoglio himself); on Einaudi’s invitation, he worked on a series of “fantastic” tales, and he returned to the theater genre with a new sense of awareness; he collaborated with two directors on two separate film scripts (as we saw in the section on Milton, in the first he developed his undisputed masterpiece, published posthumously together with twelve other short stories; the second script, in collaboration with the director Gianfranco Bettetini, was interrupted by his death); he received several public recognitions: in September 1960 the Premio Prato for Primavera di bellezza (“The pages on the disbanding of the army are to be placed among the best that, up to now, our war literature has produced” are words that can be read in the press release by the panel of judges chaired by Arturo Carlo Jemolo); and in August 1962, his last summer, he was awarded the Premio Alpi Apuane for his short story Ma il mio amore è Paco. He spent the months of September and October in Bossolasco, in one last contemplative embrace of his beloved hills. However, he continued to plan new narrative cycles, write brief short stories (the character of Nick, and above all that of Charlie, inspired by his experience as an in-patient at a clinic in Bra, are the last of his alter egos), and he translated at a compulsive rate. Having received from his brother Walter a new volume with Browning’s poems, he hurried to translate The Pied Piper of Hamelin. Without the aid of a dictionary, he translated relentlessly in his inseparable notebook and, in the rush, his handwriting grew longer like an irregular electrocardiogram until he stopped abruptly halfway through the fourteenth and penultimate stanza.
Given the success of his work, the end was a true beginning. Past detractors joined with his faithful followers and new admirers to celebrate its value, and in the same year of 1963 his first posthumous book was awarded the Premio Puccini-Senigallia. In his role as president of the panel of judges, the poet Elio Filippo Accrocca, who three years earlier had garnered a rare and precious first-person account of the writer (Ritratti su misura di scrittori italiani, 1960), wrote:
“In awarding Un giorno di fuoco, the panel of judges has intended, along with highlighting the value of Fenoglio’s final statement in a much too brief ten-year journey of work, to remember and recognize his previous labors as well, since all of them come together in the short story: ancient and modern, real and symbolic, harsh and affectionate, detached and intimate, of an existence at continuous risk of death. May our modest award enhance, in remembering Fenoglio, that most lasting recognition of merit towards which every effort and desire was devoted. Rarely does the opportunity arise to award in someone deceased an author more alive than many who are living.”
Traduzioni a cura di Mark Pietralunga